Domenica, 13 Dicembre 2015 13:20

Veglia 31 dicembre 2015

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Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso.

Introduzione: la fine di un anno è occasione propizia per fermare i nostri passi e volgerci indietro a guardare il cammino che abbiamo percorso con Dio e con i fratelli. Non guardiamo i frutti che non abbiamo potuto coltivare o se il nostro albero non ha dato frutto abbastanza. La parabola del fico sterile ci insegna che Dio non è il padrone esigente, che pretende giustamente dei frutti, ma il contadino paziente e fiducioso: «Voglio lavorare ancora un anno attorno a questo fico e forse porterà frutto». Ancora un anno, ancora un giorno, ancora sole, pioggia e lavoro: quest'albero è buono, darà frutto! «Forse, l'anno prossimo porterà frutto». In questo forse c'è il miracolo della pietà divina: una piccola probabilità, uno stoppino fumigante sono sufficienti a Dio per attendere e sperare. Si accontenta di un forse, si aggrappa a un fragile forse. Per lui, il bene possibile domani, conta più della sterilità di ieri. 

I MOMENTO

Il peccato: rottura con Dio 

Dal libro della Genesi (Gen 3,6-8)

La donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò.  Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.

Lett: Che cos’è il segno della nudità? Deporre vecchie vesti e farsi rivestire di nuove vesti? L’abito, la veste, non serve semplicemente per coprirsi dal freddo o dal caldo. Ha una portata simbolica grandissima, è un linguaggio, è un modo di presentare il nostro io. L’abito è la prima esplicitazione di noi stessi, come appariamo agli altri. C’è un abito opportuno e inopportuno. Andare con un abito feriale a una festa di nozze è sconveniente. L’abito non è una realtà statica. L’abito si cambia e deve essere adeguato alla situazione e dice quello che siamo davanti a quella situazione. 

Nella Scrittura la tematica dell’abito è fondamentale. Adamo ed Eva si sentono nudi, nonostante si siano coperti con le foglie: il vestirsi indica la loro salvezza. Inizialmente sono due persone che non hanno bisogno di abito. Non c’è vergogna. La storia della perdita della fiducia in Dio diventa il bisogno di un abito, una cortina che li nasconda. È pericoloso mostrarsi all’altro direttamente. In Adamo ed Eva noi vediamo che dal momento in cui di Dio si può dubitare e non è certo che sia buono, l’uomo è solo e ne deriva che ha bisogno di coprirsi. 

Pausa di riflessione

Guida: Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». (Gen 3,9-10)

Lett.: Dio raggiunge l’uomo nella sua nudità e grida a gran voce: “Dove sei?”. Cerca l’uomo, che si è soltanto illuso di essersi coperto; infatti, egli ha indossato delle foglie, ma nello stesso tempo ha confessato a Dio di essere nudo. La verità profonda della creatura emerge solo alla presenza del suo Creatore, come afferma il salmista: “Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? 
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti”. 

Guida: Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì. (Gen 3,21)

Lett: In tutta la Scrittura ricorre la tematica dell’abito: a Giuseppe, figlio di Giacobbe, viene strappata la veste dalle lunghe maniche. In Egitto, per la calunnia di una donna, gli viene strappato l’abito e per questo viene accusato. Il mantello di un profeta diventa simbolo della missione, Elia butta sulle spalle il mantello ad Eliseo. Infine Gesù Cristo sarà spogliato delle vesti e risorgerà con una veste luminosa. Nel battesimo ci viene consegnata una veste bianca, donata da Dio e non scelta dall’uomo. Dopo il peccato Dio dona una nuova veste all’uomo. Ci vuole dare una veste nuziale, una veste di luce. 

Fece egli stesso all’uomo e alla sua donna TUNICHE DI PELLE e li rivestì. (3,21). L’azione di Dio rinvia alla nudità dell’uomo e della donna (cf. Gen 2,25; 3,7). L’uomo e la donna si scoprono “nudi”, spogliati della loro dignità, nemici l’uno dell’altro e le cinture di foglie di fico sono soltanto un pallido tentativo di porre rimedio a una situazione ormai compromessa. 

Il Signore non li caccia nudi dal giardino ma, come farà con Caino, rende loro quella dignità perduta con il peccato e rende possibile la ripresa di un rapporto con lui. La tunica è un vestito che ricopre tutta la persona, chiaramente opposta alle cinture. Iniziamo a capire il dono di Dio nella Genesi: un abito da lui intessuto. Questo gesto di tenerezza significa che anche nelle dolorose conseguenze del nostro peccato, Dio non vuole che rimaniamo nudi e abbandonati come pecore senza pastore. 

Chiediamoci: con quale abito mi rivesto? Dell’abito che mi sono confezionata o di quello che mi dona Dio: L’ABITO DELLA MISERICORDIA? 

Richiesta di perdono

Guida: Al termine dell’anno e al sorgere di un nuovo anno entriamo per alcuni minuti nel deserto della nostra anima, a tu per tu con il Signore e facciamo memoria di tutto ciò che Dio ha provveduto per noi in questo periodo. Chiediamoci: Quali abiti mi ha donato Dio e quali abiti (ruoli) invece ho indossato? Di quali tuniche si riveste oggi la mia vita? Mi sono rivestita di Cristo al punto da esclamare: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me?”.  

Ad ogni richiesta di perdono, cantiamo il ritornello: purificami, o Signore, sarò più bianco della neve.

Lett. 1: Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Lett. 2: Dio, fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare; a causa del peccato le foglie di questi alberi sono divenute per noi un riparo per coprire la nostra nudità. 

Ti chiediamo perdono, Signore per ogni volta che abbiamo indossato vesti che hanno offuscato la veste nuziale intrecciata da Te per noi.

Tutti: Purificami o Signore sarò più bianco della neve.

(si portano alcune foglie)

Lett. 1: Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 

Lett. 2: Il giardino che hai messo a nostra disposizione, a causa del nostro peccato diventa un rifugio per i peccatori. 

Signore ti chiediamo perdono per ogni volta che siamo fuggiti dalla tua presenza, correndo per giardini sconosciuti e a volte oscuri persino a noi stessi. 

Tutti: Purificami o Signore e sarò più bianco della neve.

(si porta la Parola di Dio)

Lett. 1: Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.

Lett 2: Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’ha coronato con una dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. 

Ti chiediamo perdono Signore per ogni volta che abbiamo infangato la tua immagine a causa del nostro peccato.

Tutti: Purificami o Signore e sarò più bianco della neve.

(si porta una tunica)

Esposizione del Santissimo

Canto 

Guida: Al godere il passaggio di Dio in mezzo a noi e mentre ascoltiamo l’Inno del Giubileo ognuno si dirige verso l’altare per essere avvolto da un mantello, segno della nostra accoglienza dell’abito di misericordia, intrecciato da Dio stesso per noi.

II MOMENTO 

Il peccato: rottura del rapporto fra gli uomini

Lett: Dal libro della Genesi (4, 1-24)

Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». Poi partorì ancora suo fratello Abele.

Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto.

Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo».  Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’é Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».

Guida: “Dov’è tuo fratello?” E’ la domanda che Dio ha rivolto a Caino ed è la domanda che Dio ci pone nella nostra relazione con Lui. Molti passi nel Nuovo Testamento ci parlano che non è possibile amare Dio, se non si ama il fratello… che non ci si può avvicinare a Dio nella preghiera se un nostro fratello ha qualcosa contro di noi…

"Dove sei?"; “Dov’è tuo fratello?”: sono le domande a cui dovremmo rispondere ogni volta che il nostro cuore e la nostra mente si rivolgono al Signore, nell’intimità della relazione con Lui

La risposta di Caino: “Sono forse io il custode di mio fratello?” continua a riecheggiare nella storia dell’umanità. Caino non vuole pensare al fratello e rifiuta di vivere quella responsabilità che ogni uomo ha verso l’altro.

Il cristiano, l’uomo nuovo, rinato nello Spirito, dovrebbe invece rispondere con le parole e gli atteggiamenti di Gesù. Il compito dell’uomo è soprattutto quello di custodire il fratello. Egli è posto nel mondo non solo per coltivare e custodire il terreno della sua esistenza; il suo compito non consiste nell’essere efficiente funzionale per produrre  e aumentare le sue sicurezze.

Afferma papa Francesco: “Dobbiamo pregare perché il nostro cuore possa svuotarsi di altri interessi, di altri amori; affinché il Signore renda il nostro cuore libero dall’idolatria della vanità, dall’idolatria della superbia, dall’idolatria del potere, dall’idolatria del denaro per poterlo seguire nella verità”. 

Canto: E mi sorprende 

Lett.: Dall’omelia di papa Francesco a Lampedusa:

“Adamo, dove sei?”; “Caino, dov’è tuo fratello?”. 

L’uomo che si crede Dio è disorientato e finisce nel fare violenza, costruire un mondo di violenza. Ognuno di noi è Adamo, ognuno di noi è Caino, ci giriamo davanti al bisogno dell’altro, anche nella nostra famiglia, anche tra i nostri amici. “Dov’è tuo fratello? La voce del suo sangue grida fino a me”, dice Dio.

Soltanto se ci lasciamo trapassare da queste domande, possiamo cominciare a vedere il mondo, gli altri, in una luce diversa. E soprattutto essere più veri, più uomini.

La vita non cambia per le parole, ma perché si incontra qualcosa di vero, perché si sperimenta l'appartenenza alla Verità. Cristo è l’unica risposta che capovolge la situazione di Adamo e di Caino, è l’unica possibilità di dare un senso a quella “spina nel cuore, è l’unica consolazione per chi vive nella sofferenza”. La “spina nel cuore” è ciò che accade quando un uomo è interessato al destino dell’altro, al suo bene, e soffre con lui, partecipa con lui.

Le domande che Dio rivolge a noi non ci spingano all’angoscia, alla rassegnazione, ma ci aprano a un amore più grande e a una lieta, sana e giusta operosità. 

Lett.: Dalla Narrazione (scritta dalla Beata Caterina)

1886. Ultimo dell’anno. Vi fu nel dopo pranzo benedizione solenne, col canto commuovente e ripetuto da tutte con insolito fervore del Te Deum in ringraziamento a Dio per tutte le grazie a noi accordate nel corso dell’anno.  Ecco, o Signore che l’anno è ormai finito. Perdono implorano le tue spose della poca corrispondenza alle tue grazie. Si perdono, e nella tua infinita bontà fa che l’hanno che ora stiamo per rincominciare, sia esso pure ricolmo delle tue più elette benedizioni e delle grazie più belle.

Deh! Tu c’infondi novelle forze e vigore, onde quest’anno che ancor ci concedi sia tutto impiegato, nel tuo santo servizio.

(Ora verrà fatto passare il cero della misericordia: quando arriva nelle nostre mani possiamo rivolgere al Signore una preghiera, una risonanza, un ringraziamento...)

Canto del Te Deum  

(Durante il canto viene deposta sull’altare una clessidra a simboleggiare il tempo che scorre: con questo gesto vogliamo chiedere  al Signore che ogni attimo che scorre della nostra storia sia vissuto nella verità, nella grazia e nella misericordia; non solo per noi, ma per l’umanità intera. Un anno di liberazione dalle mille paure che inquietano il nostro cuore). 

Benedizione finale 

Ci troviamo alla fine di un anno che nuovamente, nella Chiesa e nel mondo, è stato caratterizzato da molteplici situazioni travagliate, da grandi questioni e sfide, ma anche da segni di speranza. Alla fine dell’anno vogliamo pregare il Signore, affinché la Chiesa, nonostante le proprie povertà, diventi sempre più riconoscibile come sua dimora. Lo preghiamo perché, nel cammino verso la sua casa, renda anche noi sempre più vedenti, affinché possiamo dire sempre meglio e in modo sempre più convincente: Abbiamo trovato Colui del quale è in attesa tutto il mondo, Gesù Cristo, vero Figlio di Dio e vero uomo. In questo spirito auguro di cuore a tutti voi un Santo Natale e un felice Anno Nuovo. 

(dal discorso del papa emerito Benedetto XVI alla curia romana) 

 

Letto 1513 volte Ultima modifica il Lunedì, 26 Dicembre 2016 09:14

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